Al via la grande battaglia di Khost
Completata la preparazione, ieri mattina all'alba è scattata l'operazione «Snipe». Oltre mille uomini sotto il comando britannici con la copertura degli Apache e truppe speciali statunitensi, dislocati sulle montagne tra Gardez e Khost (circa 200 chilometri a sud-est di Kabul), a 3-4.000 metri di altezza, stanno perlustrando un «terreno difficile» dove potrebbero esserci bunker e grotte nei quali si nasconderebbero taleban ed elementi di al Qaeda. Si tratta della più grande operazione lanciata dagli alleati nella campagna antiterrorismo dopo quella del marzo scorso a Shai Khot sulle montagne vicino a Gardez. Allora, nonostante le ingenti forze impegnate - alla fine erano arrivati anche i mujahidin del ministro afghano della difesa Fahim - sembra che i risultati raggiunti non fossero quelli sperati. Molti dei combattenti schierati sulle montagne e che erano riusciti ad abbattere tre elicotteri Usa e a causare perdite anche sul fronte «alleato» (8 marine erano rimasti uccisi) erano poi riusciti a fuggire, probabilmente nella zona di Khost, che si trova a ridosso del confine pakistano e che è stata una delle roccaforti dei taleban oltre che zona dove si trovavano i campi di addestramento di al Qaeda. Dopo oltre sei mesi dall'inizio dell'attacco sull'Afghanistan la caccia a taleban e al Qaeda è tutt'altro che terminata e per portarla avanti la Gran bretagna ha inviato in Afghanistan 1.700 uomini, il più grande spiegamento militare dalla guerra del Golfo. Finora i militari britannici non avevano partecipato a operazioni a terra, molto più rischiose. Nella zona a sud di Kandahar, verso il confine pakistano, sarebbe riuscito ancora una volta, la seconda, a sfuggire alla cattura il mullah Abdul Mannan, l'ex governatore di Kabul. Con lui sarebbe fuggito anche Tayyab Agha, consigliere della guida spirituale dei taleban, mullah Omar.

E mentre ieri è ripreso il trasferimento di altri 32 detenuti (in totale saranno 363) verso il Campo Delta nella base di Guantanamo a Cuba, dall'Afghanistan arrivano altre notizie inquietanti sulla fine fatta dai prigionieri taleban catturati dall'Alleanza del nord.

A trovare diverse fosse comuni nel nord dell'Afghanistan, nella zona sotto il controllo del sanguinario signore della guerra, il gen. Rashid Dostum, è stato un gruppo americano di Medici per i diritti umani. Avrebbero scoperto diverse fosse, alcune risalenti a quattro/cinque anni fa quando la zona di Mazar-i Sharif è passato più volte dalle mani dell'Alleanza del nord a quella dei taleban. Quindi si trovano anche le numerose vittime fatte dai taleban nelle loro rappresaglie, soprattutto contro gli hazara. Altri cadaveri trovati in particolare in due fosse - una a Mazar-i Sharif e l'altra vicino alla prigione di Sherbarghan, dove sono stati rinchiusi molti taleban - sarebbero invece molto più recenti. Nel novembre scorso una carneficina era stata fatta a Kunduz quando i tagiki di Mohammad Daoud, con l'aiuto dei bombardamenti americani, avevano piegato le ultime resistenze dei circa 5.000 taleban, che si erano arresi con la promessa di una «amnistia», ma avevano massacrato gli ultimi irriducibili. Sorte grama era toccata anche ai 700-800 «arabi» (stranieri, arruolati da bin Laden) spediti nella prigione-fortezza di Qala-i Janghi a Shinbargan. Decine di loro erano morti soffocati durante il trasporto all'interno di container sigillati, gli altri - circa 600 - sarebbero stati masscrati durante l'assalto al carcere guidato dai rambo americani.

Purtroppo non può sorprendere il ritrovamento di cadaveri, irriconoscibili perché dilaniati da cani e uccelli. L'organizzazione americana ha reso noto i ritrovamenti solo ora dopo essersi rivolta inutilemente al governo ad interim di Karzai, alle Nazioni unite e agli Usa per chiedere la protezione delle fosse in modo da garantire una inchiesta. Non ha ricevuto nessuna risposta.

G. S.
Il Manifesto
4 maggio 2002