Il complotto di Hekmatyar

Arrestati a Kabul centinaia di militanti islamisti accusati di cospirazione

Un complotto ordito contro il governo Karzai e i suoi sostenitori, anche stranieri. Questo sarebbe stato il tentativo sventato dalle autorità di Kabul con l'arresto nei giorni scorsi di circa 300 persone - di cui 160 ancora in carcere -, secondo quanto riferito ieri dal ministro degli interni afghano Yunis Qanuni. La cospirazione - secondo il ministro - prevedeva una campagna di «terrorismo, rapimenti e sabotaggi». Nel mirino dei complottatori vi sarebbero stati anche personaggi quali il premier ad interim Hamid Karzai e l'ex-re Zahir Shah, il cui ritorno in Afghanistan era stato rimandato proprio per «motivi di sicurezza». Oltre al tentativo di impedire lo svolgimento della Loya jirga, la grande assemblea tradizionale afghana che dal 10 al 16 giugno dovrebbe riunire a Kabul circa 1.500 delegati - di cui 160 donne - che dovranno decidere il futuro assetto istituzionale e politico dell'Afghanistan, al termine dei sei mesi di governo di transizione. Se questi erano gli obiettivi, si trattava di un vero piano di destabilizzazione che avrebbe riportato il paese nel caos. Ipotesi che tuttavia rimane nell'orizzonte afghano nonostante gli arresti di questi giorni. Un complotto che prevedeva una organizzazione, mezzi e, soprattutto, una mente. Individuata in uno dei personaggi più inquietanti e pericolosi della recente storia afghana. Gli arrestati apparterrebbero infatti, secondo il capo della sicurezza, generale Din Muhammad Jurat, a Hezb-i-Islami, uno dei gruppi islamisti più radicali, guidato da Gulbuddin Hekmatyar, che durante la jihad contro i sovietici aveva avuto rapporti stretti e privilegiati con gli Stati uniti, che gli avevano fornito - via Pakistan - armi per centinaia di migliaia di dollari, compresi 70 missili Sting. Molti degli arrestati erano ospiti di Wahidullah Saba-Unn, già comandante di Hezb-i-Islami e, si dice, anche genero di Hekmatyar di cui era stato ministro della difesa quando lui era primo ministro nel 1995. Ma con la vittoria dei taleban, nel 1996, Saba-Unn se n'eran andato in Panjshir con Rabbani diventando ministro delle finanze dell'Alleanza del nord, ed era stato poi impegnato anche nel governo post-taleban. Ora si trova agli arresti domiciliari nella sua casa situata in una zona residenziale di Kabul, poco lontano dalla residenza prevista per il deposto re al suo rientro da Roma.

Il ritorno in campo di Gulbuddin Hekmatyar, uno dei più sanguinari dei mujahidin che per sconfiggere i suoi rivali non aveva esitato a bombardare Kabul della cui distruzione è ritenuto uno dei maggiori responsabili, oltre che della morte di circa 50.000 abitanti della capitale, non ci sorprende. Anche perché ce l'aveva anticipato, il 10 marzo scorso, in un incontro che avevamo avuto a Gardez, un ex comandante mujahidin di cui non abbiamo rivelato il nome per motivi di sicurezza. L'ex comandante ci aveva riferito del ritorno in Afghanistan di Hekmatyar, dopo l'esilio in Iran, della presenza di suoi uomini a fianco dei taleban e di al Qaeda nella battaglia di Gardez (la famosa operazione Anaconda) e del tentativo del leader islamista radicale di capitalizzare lo scontento crescente rispetto all'intervento americano - soprattutto a causa delle vittime civili, ieri quantificate dal governo di Kabul in 3.000 -, da lui sempre osteggiato, oltre che dell'ostilità manifesta di molti pashtun nei confronti di Karzai per la presenza preponderante nel suo governo di tagiki dell'Alleanza del nord. Disegno che avrebbe dovuto portare alla destabilizzazione del governo di Karzai - con i mezzi ora indicati dal ministro Qanuni - grazie anche a uomini collocati nell'attuale amministrazione.

Ora le forze di sicurezza danno la caccia a Hekmatyar che si troverebbe nella zona di Herat al confine con l'Iran. Ma il leader islamistanel suo piano, che lo vede a fianco di quel che resta dei taleban, non è solo. Il suo principale alleato - sempre secondo quanto rivelatoci dal comandante di Gardez - sarebbe l'ex ministro taleban Jalaludin Haqani, al quale inutilmente finora gli americani hanno dato la caccia e che aveva iniziato la sua carriera proprio in Hezb-i-Islami. Del resto molti militanti dell'organizzazione di Hekmatyar si erano già uniti ai taleban nel 1996, accomunati com'erano da una posizione ultrafondamentalista. C'è quindi da temere che nonostante gli arresti e il sequestro di molte armi, riferiti dal ministro Qanuni, i pericoli per il governo Karzai e per il futuro dell'Afghanistan sono tutt'altro che sventati. Visto che i fondamentalisti godono sicuramente di forti appoggi anche nell'attuale compagine governativa.

C'è anche chi ritiene che il governo voglia approfittare di questa occasione per eliminare l'opposizione: a Kabul i regolamenti di conti sono all'ordine del giorno, ma il problema è che la lotta per il controllo dell'Afghanistan è ancora aperta.

GIULIANA SGRENA
il Manifesto - 05 Aprile 2002